29 gennaio 2014

"L'esercito industriale di riserva"

La dura crisi che stiamo vivendo porta a considerare, anche con contesti diversi, che i metodi usati dai poteri forti, gira e rigira, sono sempre gli stessi. Diversi anni fa, un Dirigente mi confidò che conosceva molto bene i volumi del Capitale di Marx e che li riteneva una tra le miglior analisi  prodotte sul mondo del lavoro e sui processi economici- produttivi. Inoltre mi disse: “Il nostro vantaggio sta nel fatto che tanti operai non hanno queste conoscenze, diversamente come si poteva riuscire nell’affermazione del trasformismo, che consiste nel far credere che le classi sociali non esistono più, quando nella realtà le disuguaglianze sono aumentate in maniera sproporzionata?”. Ripercorso questo breve, ma significativo, ricordo di vita personale, vado a rivedere un concetto espresso nel Capitale, che è una buona base di riflessione. “L’esercito industriale di riserva”, è un concetto molto importante che Marx sviluppò nella sua opera e usò volutamente una definizione militare, perché questo “esercito”, costituito dai disoccupati, era un arma nelle mani dei capitalisti. Secondo Marx i capitalisti sono costretti dalla concorrenza ad aumentare la produttività, ossia a diminuire il costo delle merci sul mercato. Per farlo devono modificare il modo in cui è composto il capitale, aumentando la quota che deriva dai macchinari e materie prime, “capitale costante”, e diminuendo l’uso degli operai, “capitale variabile”. Ma i capitalisti ricavano il loro “plusvalore” di profitto dal lavoro operaio che riescono a sfruttare, con incidenze diverse tra i vari settori più o meno meccanizzati, automatizzati, robotizzati. Per risolvere questo problema e abbassare il costo variabile, diventa essenziale la presenza di un gran numero di disoccupati, che alimentano la concorrenza tra gli operai garantendo un basso livello dei salari e una insita debolezza nella classe operaia. Infatti la disoccupazione porta alla povertà, alla disperazione e talvolta all’accettazione di qualsiasi lavoro a salario inferiore e (vedi precari) a moderare le richieste rivendicative per paura di perdere il posto. Nelle sue analisi Marx ribadiva che “l’esercito industriale di riserva”, era un prezioso rimedio usato per superare tanti problemi del mondo del lavoro, ma considerava questo metodo una debolezza del capitalismo, definendolo: “La caduta tendenziale del saggio di profitto”. Con convinzione sottoscrivo che la storia insegna, la storia si ripete, in Italia più che da altre parti. Da anni si sono compressi i salari e le relative pensioni a favore della finanza e capitali, ed in tempo di crisi, invece di unire, si è lavorato per dividere con gli accordi separati indebolendo i diritti, le tutele, la democrazia e sponsorizzando la cultura individualista, quale rimedio di tutti i mali. Nonostante la crescente disoccupazione è stata alzata l’età pensionabile, si è detassato lo straordinario e la produttività, favorendo le aziende e chi il lavoro c’è l’ha, mentre negli altri paesi europei che vanno meglio, hanno abbassato l’età pensionabile, alzato il costo dello straordinario e ridotti gli orari di lavoro, in coerenza con una suddivisione più equa della ricchezza e del lavoro. Sempre in Italia abbiamo assistito, anche grazie all’assordante silenzio/assenso della politica, a delle insensate  e speculative delocalizzazioni, che trattano il lavoro come una merce e non un valore sociale. Inoltre, sempre in tempo di crisi, si è appositamente indebolito il sistema dei controlli e la lotta contro la speculazione macro e micro economica, la corruzione, l’elusione, l’evasione, il riciclaggio, il rispetto delle regole e delle leggi. In conclusione per tutelarsi di più sarebbe bene che i lavoratori e lavoratrici conoscessero meglio la storia dei processi di cui sono parte integrante, perché diversamente, come da anni succede, la storia la vengono a conoscere direttamente sulla propria pelle e tasche, quando ormai è tardi, troppo tardi.
 Angelo Gentilini